Un Napoletano a Parigi

22 Maggio 2023 Off Di apisani

Quest’anno (2023, per chi leggesse quest’articolo a distanza di tempo) le due quinte sono andate in gita a Parigi, meta scelta, dopo molte problematiche, a discapito della via Francigena. Nonostante i tumulti che si stavano verificando in quel periodo proprio a Parigi, per via della riforma delle pensioni proposta da Macron, siamo partiti lunedì 27 marzo da Porta Susa, arrivando alla Gare de Lyon più o meno per l’ora di pranzo. Siamo subito volati in hotel per lasciare le valigie e iniziare il nostro tour, che aveva come prima tappa l’Île de la Cité, una delle due isole sulla Senna che fanno parte di Parigi, su cui sorgono la Sainte-Chapelle e Notre-Dame.

Già dalla nostra prima visita si poteva capire che questa non sarebbe stata una gita normale. Infatti, per un attimo sembrava che non potessimo entrare, dato che il biglietto fornito dall’agenzia recava come ora di entrata le 15 e noi eravamo alla Sainte-Chapelle alle 15:40…

Nonostante ciò, dopo un siparietto comico in cui il professor Miolano cercava di convincere una guardia che gli sbraitava contro in francese, siamo riusciti a entrare; e menomale, poiché credo che la cappella superiore sia una dei luoghi più belle che io abbia mai visto in tutta la mia vita. È difficile spiegare a parole le emozioni che ho provato di fronte alle vetrate colorate; quindi, metterò una foto per farvi capire la bellezza di quel luogo.

Dopo ci siamo recati a Notre Dame, che, chiaramente, abbiamo visto dall’esterno poiché stanno ancora facendo i lavori di restauro dopo l’incendio di cinque anni fa.

Dopo un piccolo periodo di tempo libero, siamo andati a mangiare al Flunch, vicino al Centre Pompidou.

Nonostante la posizione di prestigio, il cibo non era un granché, testimoni Gabriele ed Emanuele che sono stati male dopo aver mangiato lì. C’era un unico problema: quello sarebbe stato il posto per ogni sera del viaggio! (Il Flunch continua a perseguitarci anche qui a Torino, dato che, andando ai giochi Agesc di quest’anno, abbiamo scoperto che ce n’è uno vicino all’Ikea😨).

La prima sera è stata spesa in un giro notturno della città, con una tappa per vedere il Louvre, da cui poi siamo tornati al nostro hotel. Io condividevo la camera con Gabriele, Kelly e Alessandro Lee: stavamo un po’ stretti, ma siamo riusciti a sopravvivere nonostante il cattivo odore che proveniva dal nostro bagno – santo Gabriele che quest’anno ha portato in valigia un spray per ambienti.

Il giorno successivo era quello più critico, dal momento che era giorno di proteste a Parigi, ma abbiamo evitato i manifestanti, salendo a Montmartre; prima abbiamo girato un po’ il quartiere, per poi spostarci alla Basilica del Sacro Cuore: bella fuori, ma un po’ deludente l’interno. Dopo il momento libero del pranzo, dove sono andato da Five Guys (un fast food, ma di buona qualità), ci siamo spostati al Museo d’Orsay. Ci ho lasciato il cuore, soprattutto davanti alle opere di Monet, il mio pittore preferito. La sera siamo andati in un pub del centro e ci siamo fatti riconoscere mettendo canzoni come “Freed from Desire” e “La capolista se ne va”, oltre a Kelly che ha fatto invidia a tutti con le sue movenze.

Il terzo giorno è stato dedicato ai musei; al mattino siamo andati al Louvre, bellissimo, ma abbastanza dispersivo a mio modo di vedere. Ma la visita è stata resa più magica da un particolare: per tutta la visita (e in realtà per tutto il giorno) ho indossato la maglia di Kvaratskhelia; l’apice dell’ignoranza è stato raggiunto quando un ragazzo mi ha fermato per chiedermi una foto.

Dopo pranzo, potevamo scegliere cosa visitare; le opzioni erano: il cimitero di Père-Lachaise, dove sono sepolte personalità come Oscar Wilde e Jim Morrison; il quartiere della Défense, il distretto finanziario della città, nonché il più grande d’Europa; e, infine, il Museo dell’Orangerie, dove sono conservate alcune tele raffiguranti le ninfee di Monet, motivo per il quale ho scelto di proseguire lì la mia giornata.

Sono rimasto ad ammirare queste enormi tele per moltissimo tempo e credo che sarei restato a osservarle fino alla chiusura se non avessimo avuto altri impegni. Infatti, dovevamo incontrarci sotto l’Arco di Trionfo per ritornare all’albergo prima di cena. Mancava all’appello il gruppo dove stava Sara, che alla fine non è ritornato in albergo per un pit stop. Dopo cena, siamo saliti sopra la Tour Eiffel; c’è da dire che il panorama da lì non era proprio eccezionale, ma era sicuramente meglio di quello dal balcone di casa mia.

Ci siamo poi spostati verso il Trocadero; eravamo tutti stanchi, con i piedi che facevano malissimo. Arrivati sopra il belvedere, un po’ tutti siamo rimasti delusi, perché la Tour Eiffel era spenta; quindi, avevamo fatto una camminata inutile, giustificata solo dal fatto che lì si trovava la stazione della metro che dovevamo prendere per tornare a casa.

L’ultimo giorno, ancora un po’ stanchi dalle ventiquattro ore precedenti, siamo andati nella zona del quartiere latino, molto carino devo dire. Ho scoperto anche una chicca molto interessante: nella chiesa che si trova a fianco del Panthéon, quella di Saint-Étienne du Mont, era solito predicare Don Bosco, il quale era anche apprezzato dalla gente del luogo.

Dopo un momento di tempo libero, siamo andati a mangiare ai Giardini del Lussemburgo, che, sinceramente, ho preferito rispetto a quelli delle Tuilleries. Dopo questa tappa, tutti in hotel a prendere le valigie e poi dritti verso Gare de Lyon per ritornare a Torino. Ad aspettarci, a meno di 100km da Parigi, c’era un bel palo della luce caduto sulle rotaie, che ci ha fatto portare un ritardo di più di un’ora e mezza. Alle 23 circa, siamo comunque arrivati sani e salvi a Porta Susa, con la gioia, però, che il giorno dopo saremmo potuti rimanere a casa a dormire!

Da questa gita, oltre al nuovo record di passi giornalieri (più di 40000), mi porto dietro il concetto di arte come unione di popoli. Il Louvre, e tutti i musei che ho visitato durante la gita, erano colmi di persone provenienti da tutto il mondo (che chiaramente ho aggregato grazie alla mia maglia di Kvaratskhelia – Napoli 1 Globalizzazione 0); un fatto che fa capire come attraverso l’arte, nonostante le differenze linguistiche e culturali, si riesca a far passare un messaggio comune.

Mi viene in mente l’esempio del Guernica di Picasso; rappresenta il bombardamento tedesco della cittadina basca nel 1937. Con questa opera, certamente il pittore cerca di far conoscere questo evento, ma il vero messaggio è quello di mostrare le ingiustizie che i comuni cittadini soffrono durante la guerra. Un tema più che attuale visto il conflitto tra Russia e Ucraina, insieme agli altri 59 di cui non si sente tanto parlare.

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