Il Welfare nel lavoro e nel sociale

Il Welfare nel lavoro e nel sociale

21 Aprile 2019 Off Di Elisabetta Comin

Prima parte: il Welfare nel lavoro

L’intera giornata formativa del 25 gennaio 2017 è stata gestita dalle docenti di economia e scienze umane, Federica Garello e Virginia Gargano. La professoressa di economia ha iniziato dandoci una sua definizione di welfare aziendale: in generale, il Welfare è sinonimo di benessere arrecato dallo stato e quando questo tipo di politica sociale è utilizzata all’interno delle aziende il benessere è applicato anche a quest’ultime. Inoltre il Welfare è spesso paragonato ad un diamante perché ha quattro punte, quattro colonne portanti, quattro agenti che ne permettono l’esistenza e la funzionalità; i soggetti che incidono sul nostro benessere sono quindi lo stato, il mercato, le famiglie e le associazioni intermedie. In particolare lo stato si occupa di fornire le pensioni, di gestire e ideare politiche di lavoro, sanitarie e di assistenza sociale. Il Welfare aziendale è nato inizialmente come assistenza sociale, un sistema di protezione selettiva che tutelava soltanto le persone che se lo potevano permettere. Le persone che potevano accedere a questo servizio dovevano soddisfare due principali requisiti: un bisogno specifico e una prova dei mezzi. Il vero Welfare State ha però inizio nell’Inghilterra del 1942: si era infatti condotta un’inchiesta sulla popolazione inglese in relazione al loro benessere e, in seguito agli scarsi risultati della ricerca, si era deciso di intervenire.

Ḕ però proprio il Welfare inglese il primo ad entrare in crisi, specialmente in ambito economico, perché indubbiamente mantenere un Welfare di un certo livello significa andare incontro ad ingenti spese.

In generale, altre cause di una crisi del Welfare sono l’aumento della crescita demografica, l’anzianità di un paese, i flussi migratori, l’aumento delle aspettative della popolazione e i cambiamenti dei ruoli all’interno di una famiglia (in passato si parlava di società patriarcale mentre i ruoli iniziano attualmente a parificarsi).

Seconda parte: visione del film “Tra le nuvole”.

Nell’ora successiva è arrivata la professoressa Gargano, la quale ci ha proposto la visione del film “Tra le nuvole”. Il film racconta la storia di un manager di nome Ryan che lavora per un’agenzia i cui dipendenti vengono ingaggiati per licenziare dipendenti di altre imprese in tutti gli Stati Uniti. Ryan passa pochissimo tempo a terra, e non ha una vita sociale e familiare attiva; ma non se ne dispiace, anzi, ama la sua esistenza solitaria e indipendente. Due incontri rompono però quest’equilibrio, in particolare quello con la giovane collega Natalie, che progetta di rivoluzionare il sistema di licenziamento sostituendolo con il colloquio tramite webcam. Ryan si oppone a tale idea, e il suo capo lo invita quindi a portare Natalie in viaggio con lui, per mostrarle i segreti del mestiere. Durante i loro viaggi, Ryan incontra Alex, una dipendente di un’azienda analoga alla sua, e iniziano una sorta di storia senza legami affettivi. Ciò viene messo in dubbio dalla giovane Natalie che non comprende come né Alex né Ryan possano non desiderare una stabilità familiare, perciò quando l’idea di Natalie viene approvata e Ryan non è più tenuto a viaggiare, egli prende il primo volo per la città di Alex e la va a cercare. Con sua sorpresa la trova a casa con marito e figli. La morale di questo film è quindi quella che il lavoro debba essere uno strumento per identificarsi, ma non deve di certo essere la nostra unica certezza.

Terza parte: il Welfare nel sociale.

La professoressa di scienze umane ha iniziato la terza parte della giornata facendoci presente la necessità di creare una nuova tipologia di welfare state, attraverso la riorganizzazione e la razionalizzazione delle risorse, tant’è che alcuni ospedali si sono trasformati in delle vere e proprie aziende (aziende sanitarie locali).

Ci è stata poi spiegata la differenza tra Welfare fordista e Welfare attivo: il Welfare fordista era molto più legato al processo produttivo e industriale e la sua politica era basata su un intervento di tipo riparatorio e non preventivo, poiché forniva ai dipendenti un indennizzo. Il Welfare attivo è invece un sistema che richiede ai dipendenti qualcosa in cambio di un servizio erogato, responsabilizzandoli e attivandoli; si tratta di un welfare promozionale, che promuove appunto la persona e le sue capacità.  Il Welfare si muove quindi in direzione dell’acquisizione delle cosiddette capabilities, risorse relazionali di cui una persona dispone, congiunte con le sue capacità di fluirne e quindi di impiegarle attivamente; questo perché il problema a cui far fronte non è solo quello di dare alle persone delle risorse, ma anche quello di insegnare loro come utilizzarle. Inoltre la povertà non è solo un fattore materiale, ma viene intesa anche come mancanza di dotazione di capacità personali necessarie per acquisire una qualità della vita adeguata, quindi come povertà culturale. Questo concetto è stato spiegato dalla professoressa attraverso un esempio che ho trovato molto efficacie: si è ipotizzato che due donne, una laureata e l’altra con appena la terza media, si ritrovassero entrambe una macchia sulla pelle.  La prima donna ricorda di aver letto un articolo a riguardo e decide di consultare un medico, la seconda semplicemente ignora la macchia; se essa fosse stata portatrice di un tumore cutaneo, molto probabilmente l’informazione avrebbe fatto la differenza. Si è quindi riflettuto sulla differenza tra uguaglianza ed equità, in quanto se si adotta un sistema uguale per tutti, si forniscono a tutti le stesse risorse, ma se invece si sceglie un sistema equo, esso permette di fornire alle persone risorse diversificate a seconda delle loro necessità.

Il Welfare attivo si avvale anche di una politica di previdenza sociale che consiste in una serie di misure volte a prevenire le conseguenze di certi eventi; l’assistenza sociale si colloca proprio nell’ambito del sostegno e della prevenzione.

 

Follow me!