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Il coraggio di essere me

Mi presento, sono Miriam Castagneri, vengo da un piccolo paesino sperduto nelle Valli di Lanzo, ai piedi delle montagne, dove vivo con i miei genitori, le mie due sorelle, e mio fratello (tutti più grandi di me) e mi reputo una ragazza coraggiosa.

Dico queste cose perché sono convinta che queste facciano capire, almeno in parte, chi sono.

So dai miei studi percorsi finora che c’è differenza tra un bambino cresciuto da solo o con dei fratelli, e c’è differenza se sei il primogenito o (come nel mio caso) la più piccola.

Inoltre, influisce sulla formazione del carattere di una persona l’ambiente che la circonda, specialmente nel periodo dell’infanzia.

Sono cresciuta in una grande casa, vicino ad un prato con tre cavalli e diverse capre, oggi c’è pure un asino; insomma sono sempre immersa nella natura e certo non mi fanno paura gli insetti e gli animali; in città alle volte mi sento soffocare.

Nel mio paesino tutti mi conoscono e mi chiamano per nome, dal prete della mia parrocchia al commesso del minimarket, il che è bellissimo finché non sbagli qualcosa o c’è qualcosa da dire su di te, perché tutti conoscono il tuo nome. Non ci sono buoni servizi, infatti il pullman passa una volta ogni ora (ma non sempre) e non ci sono molte scuole vicine, sono poche quelle valide. Perciò i miei genitori hanno preso la coraggiosa decisione di iscrivermi in una scuola di Torino, sottolineo “coraggiosa” perché sono poche le famiglie di qui che mandano le ragazze a studiare in città. Lo conferma la netta superiorità del genere maschile che trovo sul pullman quando vado o torno da scuola.

Non ero io la principessina di casa e non sono mai stata quella coccolata da tutti; è vero però che non mi faccio mettere i piedi in testa e che ho imparato a far sentire sempre la mia voce. Non resisto a non esprimere la mia opinione, sento un fastidio costante e crescente, specialmente quando in una discussione l’altro argomenta una tesi che trovo fondamentalmente sbagliata.

Se sono la persona che vi sto presentando oggi, lo devo sicuramente in gran parte alla mia famiglia, e ai miei genitori. Loro sono entrambi credenti.

Mio padre ha una fede “estroversa e contagiosa” un po’ come la sua personalità. Fin da piccoli ci ha insegnato a pregare tutti insieme e dal suo sorriso si vede la gratitudine della vita che gli è stata donata. Mia madre ha una fede “intima e silenziosa”, che nel servizio per le altre persone dimostra l’amore più grande, in cui crede fermamente. Non ci spiega i grandi paradigmi teologici, ma va a messa tutte le domeniche e quotidianamente ci fa capire quanto sia importante Dio per lei.

Io sono cristiana. Penso che al giorno d’oggi non sia facile dichiarare una cosa di questo tipo se sei un giovane di diciotto anni. La società ti etichetta subito come bigotto o retrogrado, che crede in cose stupide. Non starò qui a definire i dettagli delle mie posizioni su determinate questioni politiche, però voglio spiegare che per me la fede è una scelta, una scelta di coraggio.

Io ammiro i miei genitori, nel loro ventinovesimo anno di matrimonio sono per me, la prova tangibile che l’amore eterno non è solo una favoletta. Io credo nell’amore e mi piace innamorarmi, dei paesaggi naturali che vedo intorno a me, delle esperienze che vivo e in particolare dei dettagli che noto nelle persone che mi stanno accanto o che incontro, quelle cose speciali che in pochi vedono o che a pochi è concesso di vedere.

Da poco ho letto un testo di San Paolo che afferma che l’amore è un proporsi ed esporsi, e ciò implica rendersi vulnerabili e deboli agli occhi degli altri. Credo che molti giovani si perdano in questo concetto e per paura di farsi male evitano un amore sincero e profondo.

Forse perché sono sempre stata circondata da molte persone che mi hanno voluto bene, posso dire con tranquillità che questo non mi appartiene. Io non ho paura dell’amore.

Non è certo facile affermare la propria persona, ed essere sicuri di sé. Non lo è neanche descriversi e presentarsi perché sono molte le cose che contraddistinguono la vita e il carattere di ciascuno: io ci ho provato.  E voi? Chi siete?

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