Capitolo scout sul fast fashion

Il fast fashion è una filosofia di produzione che applicano catene molto conosciute come Zara, H&M, Bershka, Pull and bear, Tezenis basata sul generare una grande quantità di profitto a scapito della qualità degli indumenti e della sostenibilità ambientale e dei lavoratori poiché essi spesso lavorano 20 ore al giorno e sono pagati al massimo 5/10 euro al giorno, in condizioni che possono nuocere alla loro salute. 

In un anno vengono buttate 240 mila tonnellate di vestiti fast fashion poiché i materiali vengono avanzati durante la produzione dei vestiti in fabbrica oppure il prodotto finito all’interno del negozio non viene venduto. 

Questi vestiti sono fatti di materiali di scarsa qualità e sintetici e quando questi avanzano vengono bruciati e inquinano l’aria e possono portare malattie a chi vive nei territori dove avviene questo.

La popolazione in risposta a questo fenomeno può applicare la filosofia dello slow fashion che si basa su una produzione di vestiti molto lenta, quindi con una disponibilità più limitata rispetto ai negozi fast fashion pur sapendo con certezza che questi capi non nuociono alla salute di nessuna persona.  

Questo argomento lo abbiamo affrontato sotto forma di capitolo che è un modo di trattare una tematica all’interno del contesto scout del clan che si compone di tre fasi che sono osservare dedurre e agire. 

Nella nostra fase di osservazione abbiamo fatto due incontri con esperti che sono l’Atelier consapevole in cui le due ragazze che si occupano di questo progetto di creazione di vestiti a partire da vestiti usati ci hanno invitato a portare dei nostri vestiti usati per produrne di nuovi. Grazie a questa esperienza abbiamo riflettuto sul tema della consapevolezza nell’acquisto dei vestiti, quindi per esempio di cercare di ricucire un vestito se ha un foro di piccole dimensioni e di non buttarlo subito, oppure di dare alle persone bisognose vestiti che non vanno più per via della taglia. 

Il secondo incontro l’abbiamo fatto con dei ragazzi di Swap party che ci hanno raccontato un altro metodo con cui non buttare i vestiti usati ovvero quello di portarli in un centro di aggregazione sotto forma di mercatino, invitare altre persone a portare altri vestiti che non si usano più e scambiarli con altri vestiti che vedono al mercatino. 

Questa idea nasce durante il lockdown da un gruppetto di amici che si sono incontrati in casa per scambiarsi dei vestiti e hanno visto che era un gesto molto incentivante hanno deciso di riproporre in grande come una comunità. 

Ora ogni due settimane fanno un evento Swap party a Torino con lo scopo di ridurre lo spreco di vestiti. 

Nella nostra fase di deduzione abbiamo elaborato una nostra filosofia basata sulla consapevolezza di ciò che si acquista, ci guardiamo intorno e capiamo cosa possiamo fare per limitare questo fenomeno. 

Infine nella nostra fase di agire abbiamo riproposto all’oratorio di San Francesco al campo uno Swap party per mostrare al mondo al di fuori della nostra comunità che cosa abbiamo capito da questo percorso di riflessione sul tema del fast fashion. 

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