Workshop diversamente normali o normalmente diversi?

Lo scoutismo durante il clan ci offre delle possibilità irripetibili che ci aiutano nella nostra scelta politica e di servizio che potrebbero attuarsi dopo la fine del nostro persorso scout dopo la partenza. 

La partenza è il momento finale del percorso scout (descritto nel dettaglio nell’articolo Route invernale 2023) in cui si decide di approvare e promuovere il pensiero politico, religioso e di servizio che propone l’AGESCI (Associazione Guide E Scout Cattolici Italiani) oppure se non si dovesse approvare anche solo uno dei pensieri proposti si prende il saluto e si può continuare a fare servizio in comunità laiche. 

Il workshop è un’occasione che ti può ispirare e guidare nella tua scelta politica e/o religiosa e/o di servizio. 

La scelta politica e di servizio come cita il patto associativo del 1999 dal sito dell’Agesci 

è impegno irrinunciabile che ci qualifica in quanto cittadini, inseriti in un contesto sociale che richiede una partecipazione attiva e responsabile alla gestione del bene comune. 

Il Progetto educativo, elaborato dalla comunità capi sulla base del confronto con la realtà e vissuto nelle unità, è strumento per un’azione educativa che abbia valenza politica. 

La proposta scout educa i ragazzi e le ragazze ad essere cittadini attivi attraverso l’assunzione personale e comunitaria delle responsabilità che la realtà ci presenta. 

L’educazione politica si realizza non solo attraverso la presa di coscienza, ma richiede, nel rispetto delle età dei ragazzi e del livello di maturazione del gruppo, un impegno concreto della comunità, svolto con spirito critico ed attento a formulare proposte per la prevenzione e la soluzione dei problemi.La diversità di opinioni presenti nell’associazione è ricchezza e stimolo all’approfondimento delle nostre analisi; tuttavia non deve impedirci di prendere posizione in quelle scelte politiche che riteniamo irrinun-

ciabili per la promozione umana. Ci impegniamo pertanto a qualificare la nostra scelta 

educativa in senso alternativo a quei modelli di comportamento della società attuale che avviliscono e strumentalizzano la persona, come il prevalere dell’immagine sulla sostanza, le spinte al consumismo, il mito del successo ad ogni costo, che si traduce spesso in competitività esasperata. 

Ci impegniamo ad educare al discernimento e alla scelta, perché una coscienza formata è capace di autentica libertà. 

Ci impegniamo a rifiutare decisamente, nel rispetto delle radici storiche e delle scelte democratiche e antifasciste espresse nella Costituzione del nostro Paese, tutte le forme di violenza, palesi ed occulte, che hanno lo scopo di uccidere la libertà e di instaurare 

l’autoritarismo e il totalitarismo a tutti i livelli, di imporre il diritto del forte sul debole, di dare spazio alle discriminazioni razziali. 

Ci impegniamo a spenderci particolarmente là dove esistono situazioni di marginalità e sfruttamento, che non rispettano la dignità della persona, e a promuovere una cultura della legalità e del rispetto delle regole della democrazia. 

Ci impegniamo a formare cittadini del mondo ed operatori di pace, in spirito di evangelica non violenza, affinché il dialogo ed il confronto con ciò che è 

diverso da noi diventi forza promotrice di fratellanza 

universale. 

Ci impegniamo a promuovere la cultura, le politiche ed i comportamenti volti a tutelare i diritti dell’infanzia. 

Ci impegniamo a vivere e promuovere una cultura di responsabilità verso la natura e l’ambiente, coscienti che i beni e le risorse sono di tutti, non sono illimitati ed appartengono anche alle generazioni future. 

Ci impegniamo a sostenere nella quotidianità e a promuovere nell’azione educativa iniziative di equa ridistribuzione delle risorse e scelte di economia etica. 

A livello individuale il capo vive la realtà concreta del suo oggi ed esercita la propria cittadinanza attiva in  coerenza con i valori dell’associazione. 

L’ Agesci, consapevole di essere una realtà nel mondo giovanile, sente la responsabilità di dare voce a chi non ha voce e di intervenire su tematiche educative e politiche giovanili sia con giudizi pubblici che con azioni concrete. 

Collabora con tutti coloro che mostrano di concordare sugli scopi da perseguire e sui mezzi da usare relativamente alla situazione in esame, in vista della possibilità di produrre cambiamento culturale nella società e per “lasciare il mondo un po’ migliore di come l’abbiamo trovato”.”

La scelta religiosa cristiana come cita il patto associativo del 1999 sul sito dell’Agesci consiste in questo. 

“I capi accolgono il messaggio di salvezza di Cristo e, in forza della loro vocazione battesimale, scelgono di farlo 

proprio nell’annuncio e nella testimonianza, secondo la fede che è loro donata da Dio. Gesù Cristo è, infatti, la parola incarnata di Dio e perciò stesso l’unica verità capace di salvare l’uomo. Questa salvezza, che si manifesta nella resurrezione di Cristo, ci dà la speranza-certezza che ogni partecipazione alla sofferenza e alla morte di Gesù, nei suoi e nostri fratelli, è garanzia di quella vita che Egli ci è venuto a portare con pienezza. 

Siamo così uniti dall’amore di Dio con tutti coloro che hanno questa stessa speranza e ci sentiamo responsabili, 

da laici e con il nostro carisma e mandato di educatori, di partecipare alla crescita di questo corpo che è la 

Chiesa, popolo di Dio che cammina nella storia. 

Operiamo in comunione con coloro che Dio ha posto come pastori e in spirito di collaborazione con chi si 

impegna nell’evangelizzazione e nella formazione cristiana delle giovani generazioni, anche partecipando 

alla programmazione pastorale. 

Per vivere questa esperienza di fede, che deve sempre crescere e rinnovarsi nell’ascolto della Parola di Dio, 

nella preghiera e nella vita sacramentale, apparteniamo a comunità che trovano il loro momento privilegiato 

nella celebrazione dell’Eucaristia e che si sforzano di informare la loro vita a uno spirito di servizio, come 

espressione concreta della carità. 

La comunità capi propone in modo esplicito ai ragazzi, con il metodo e la spiritualità che caratterizzano lo 

scautismo, l’annuncio di Cristo, perché anch’essi si sentano personalmente interpellati da Dio e gli risponda-

no secondo coscienza. Per questo impegno la comunità capi sostiene la crescita spirituale dei suoi capi. 

L’ Agesci si propone come associazione di frontiera, che spesso rappresenta per molti ragazzi l’unica occasione 

di ricevere un annuncio di fede. 

In una realtà sempre più multiculturale cogliamo come occasione di crescita reciproca l’accoglienza nelle unità 

di ragazze e ragazzi di altre confessioni cristiane, nello spirito del dialogo ecumenico, e di altre religioni, nel-

1′ arricchimento del confronto interreligioso. È un dono che interroga l’associazione su come coniugare 

accoglienza e fedeltà all’annuncio del messaggio evangelico, consapevoli che in Cristo tutta la realtà umana 

ed ogni esperienza religiosa trova il loro pieno significato.” 

Appena ho letto il nome di questa esperienza “#Diversamentenormali o #normalmentediversi?”per deformazione professionale ho subito immaginato fosse legato al tema della disabilità 

Ho scelto di partecipare perché mi interessava approfondire il mio punto di vista su un tema trattato durante le lezioni di scienze umane, che ritengo molto importante e attuale, vedendolo nel contesto degli scout. 

La prima parte del workshop è stata dedicata attraverso un cammino con diverse tappe alla conoscenza dei nostri compagni di strada (i quali erano provenienti da altri gruppi scout del Piemonte). 

Nella prima tappa i capi ci hanno consegnato delle mollette di legno su cui abbiamo scritto il nostro nome, poi le abbiamo messe in mezzo al cerchio, ognuno di noi poi andava a prendere una molletta e la consegnava a chi secondo la propria prima impressione si chiamava così pensando “hai la faccia da Roberta” come hanno detto a me. Poi dopo ci siamo presentati dicendo il nome della molletta. 

Poi dopo ci siamo divisi a coppie e abbiamo percorso il successivo tratto di strada rivelando al nostro compagno il nostro vero nome e conoscendo con chi stavamo camminando. 

Nella seconda tappa abbiamo cominciato a fare un brainstorming sul tema della diversità attraverso un cartellone condividendo ognuno il nostro pensiero su questa tematica e poi ci hanno chiesto come mai ci potessimo definire diversi e di scrivere una parola su un sasso. Io ho scritto Ultimo perché conosco poche persone che ascoltano questo cantante e tendenzialmente le persone che frequento ascoltano un altro genere di musica e disprezzano totalmente la sua e il genere che propone. 

Nella terza tappa abbiamo avuto un momento da soli di riflessione per disegnare dove noi possiamo vedere la diversità tutti i giorni. Io ho disegnato una classe scolastica perché passandoci tempo ogni giorno noto come le persone che si possono incontrare sono diverse tra di loro e questo può creare conflittualità o arricchimento. Il luogo condiviso che mi è piaciuto di più è stato il pullman che ha condiviso una ragazza di nome Lidia perché non ci avevo mai pensato però è assolutamente vero. 

Nella quarta fase ci hanno chiesto di raccontare un momento della nostra vita in cui ci siamo sentiti o ci sentiamo diversi e io ho parlato del mio contesto familiare in merito al mio modo di rapportarmi in maniera molto empatica e sensibile, in merito ai miei gusti che sono di natura più umanistica e psicologica e invece in famiglia a tutti piacciono attività più pratiche e hanno interessi di natura scientifica. 

Alla fine del percorso ci hanno detto che ci avrebbero fatto vivere nel successivo giorno e mezzo cosa significa la diversità, senza raccontarci nulla. 

Siamo entrati all’AuDiDo (Autogestione Diversamente Dotati) di Alpignano. AuDiDo è un centro diurno di persone con disabilità di ogni genere, cognitive, motorie, del linguaggio, relazionali. 

Per non togliermi la curiosità prima di partecipare non ho letto che cosa avremmo fatto durante il workshop ed è stato molto impattante essere inseriti direttamente in questo luogo. 

Il luogo dove si riunisce l’AuDiDo ha una sala con un canestro, una piccola cucina, un tavolo per i laboratori e una biblioteca creata da loro grazie alle donazioni. 

Abbiamo fatto un giro di nomi in cerchio, poi ci hanno mostrato la biblioteca e poi abbiamo passato del tempo a giocare a palla con le persone che c’erano, abbiamo fatto loro compagnia. In quel momento non abbiamo fatto attività complesse ma anche solo passare del tempo coloro mi ha fatta riflettere su come può vivere una persona con una disabilità e ho scoperto e sfatato la mia idea iniziale che vivessero in maniera triste e senza speranza poiché le persone che c’erano mi hanno dimostrato che volevano vivere senza pensare alle proprie difficoltà, divertendosi, passando il tempo in compagnia e ho notato che fin da subito la presenza del nostro gruppo era ben gradita e apprezzata sempre di più col passare dei momenti passati insieme.

La sera quando tutte le persone del centro se ne sono andati noi saremmo rimasti lì per la notte e abbiamo continuato a riflettere sul tema della diversità guardando un estratto del film Wonder e facendo diverse attività di riflessione. 

Nella prima attività ci hanno chiesto di slacciarsi le scarpe, e poi di riallacciare.

Poi ci hanno dato delle bustine di amazon da infilare nelle mani e di provare a giocare a volano: è stato un po’ difficoltoso però ci siamo riusciti. 

Poi ci hanno chiesto di slacciare e riallacciare le scarpe tenendo le bustine: qui cominciai a capire veramente il senso di ciò che stavamo facendo e da persona sensibile quale sono ho cominciato a piangere perché mi sentivo nonostante delle problematiche personali una privilegiata che si lamenta in confronto a persone che magari non possiedono gli arti superiori o inferiori.

A quel punto uno dei capi che ci guidava in questo workshop mi ha fatto un bellissimo discorso che ricorderò per sempre.

 In questo mi diceva che ognuno ha i propri problemi e in quanto tali sono degni di essere presi in considerazione, non banalizzati indipendendentemente dalla loro entità (quindi se sono fisici o mentali, se la persona ha 4 anni o 40) e che dipende molto da come li vivi e da come provi a risolverli poiché ci sono persone che non hanno gli arti o sono paralizzate che comunque riescono a essere felici perché non si focalizzano sulla loro differenza ma sui lati positivi della propria vita per esempio. 

Alla fine della serata come momento di preghiera finale ci hanno mostrato un video della realtà di Lourdes e ognuno dei capi ha raccontato la sua esperienza.

 A Lourdes c’è stata una delle apparizioni della Madonna e da quel momento per ricordare e portare avanti di generazione in generazione la santità che la Madonna aveva lasciato in questo luogo si crede che sia un luogo dove puoi purificarti e dove possono succedere dei miracoli come la guarigione di persone malate, infatti molte persone disabili o malate fisicamente o anche mentalmente vanno almeno una volta all’anno in questo luogo.

C’è una comunità di scout che si chiamano i Foulard Bianchi (Foulard Blanche) che una volta all’anno vanno a fare servizio a Lourdes durante l’estate.  

Puoi decidere di andarci per accompagnare le persone disabili in viaggio in aereo o in treno o sui pullman oppure di aiutare i volontari in loco con la benedizione con l’acqua santa. 

Ognuno dei capi quando parlava di questa esperienza sottolineavano che ognuno vive qualcosa di speciale quando decide di andare a Lourdes e che per vivere al meglio questo luogo bisogna servire le persone che ci sono. 

Il giorno successivo abbiamo proposto all’AuDiDo un’attività a stand divisi per gruppi con attività di diverso genere, una laboratoriale in cui hanno fatto un cartellone con fiori e erbetta con la carta crespa, uno di gioco a ostacoli, uno dove si cantava e uno di recitazione e uno di ballo di gruppo

Le persone che c’erano erano molto interessate e abbiamo cercato di coinvolgerle al meglio, ovviamente c’era comunque qualcuno che non voleva partecipare ma abbiamo provato noi scout a non essere offesi da questo e accettare la diversità di ognuno di loro. 

Abbiamo poi pranzato tutti insieme e concluso la giornata passando il tempo con le persone del centro. 

Durante questo tempo l’esperienza più toccante che ho avuto relazionandomi con uno di loro è stata quella di aiutare un signore che non sapeva le tabelline poiché non era potuto andare a scuola in infanzia e grazie alla professoressa Calabrese di scienze umane grazie alla formazione che ci ha dato in merito alla disabilità ho potuto svolgere al meglio la mia attività. 

Questa esperienza è stata emotivamente molto intensa per me essendo molto sensibile soprattutto su questa tematica, sono contenta di aver partecipato e ricorderò questa esperienza con molto piacere. 

Infine volevo concludere dicendo che i racconti dei capi e la realtà dei Foulard Bianchi in generale mi ha fatto molto emozionare e riflettere a riguardo della mia scelta religiosa dopo il percorso scout e mi ha portata a pensare di voler far parte di questa comunità quando prenderò la partenza. 

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