Oggi, 23 maggio 2023, a 31 anni di distanza dalla “Strage di Capaci”, l’attentato terroristico alla vita di Giovanni Falcone (nel quale insieme a lui persero la vita sua moglie Francesca Morvillo e 3 agenti di polizia facenti parte della sua scorta) per commemorare questo avvenimento abbiamo assistito alla testimonianza di Emiliano, la cui famiglia è stata vittima delle prepotenze della famiglia mafiosa dei Riina.
La storia di Emiliano inizia a Corleone, un piccolo comune siciliano, nel quale trascorrerà tutta la sua giovinezza. Nel paese della provincia di Palermo la vita per Emiliano trascorre tranquilla, frequenta la scuola e l’oratorio, coltiva amicizie e vive un’infanzia serena.
Nello stesso periodo però il resto della Sicilia vive una realtà completamente diversa da quella sperimentata dai Corleonesi: in quegli anni il gruppo mafioso-terroristico “Cosa Nostra” ha il completo controllo dell’isola e ha sottomesso tutti gli abitanti attraverso atti di intimidazione violenta diretti e riscossione del pizzo.
La città di Emiliano rimane fuori da questa parentesi: il cuore stesso della mafia rimane limpido e intoccabile per mostrare allo Stato la facciata di legalità e di controllo che hanno sul loro territorio.
La situazione cambia drasticamente con l’arrivo della famiglia Riina nella città di Corleone: in quel momento la realtà della città si modifica e anche i corleonesi iniziano a subire violenze da parte della famiglia mafiosa.
La famiglia di Emiliano rimane sconvolta da una serie di lutti che li spaventeranno a tal punto da avere paura dall’uscire da casa: da quel momento Emiliano ha deciso che era stufo di vivere nell’oppressione, senza libertà e con il costante timore e ha deciso di uscire da questo circolo venendo a torino
qui ha ricominciato la sua vita insieme a sua moglie e le sue figlie, iniziando la sua lotta contro la mafia raccontando la sua storia a ragazzi come noi per dimostrarci l’importanza di “alzare la testa” e non farsi opprimere dalle altre persone.
Di Emiliano mi ha colpito molto la sua semplicità e calma mentre ci raccontava la sua storia: non lo sentiva come un obbligo, anzi era contento di poter mostrare un pezzo di se e dimostrare al mondo che della mafia non bisogna averne paura, perchè noi siamo gli unici a poter compiere delle decisioni per noi stessi e nessun’altro deve poterlo fare.