Per il viaggio di quarta, ha scelto come meta l’Austria. O meglio, principalmente l’Austria.
Il viaggio è iniziato il 10 maggio intorno alle 7 del mattino. Davanti a scuola il pullman ci attendeva pronto per una lunghissima scarrozzata fino ad Innsbruck, nel Tirolo. Dire che il viaggio era trascorso in assoluta serenità sarebbe mentire anche perché dopo qualche ora molti di noi iniziavano ad accusare le conseguenze delle curve del Sud Tirol.
Ma alla fine tra canti e giochi di società e… un bel po’ di riposo avevamo finalmente passato il Brennero.
Dopo aver attraversato i magnifici panorami tirolesi arrivammo a Innsbruck. Abbiamo attraversato la periferia della città e l’autista ci ha lasciati a pochi metri dalle mura del centro storico. Ciò che a primo impatto mi aveva lasciato senza fiato… era il caldo esagerato che non ci si aspetta tra le montagne austriache… a maggio… quando in cima ai monti intorno a noi c’era ancora la neve…
Ma poco dopo a rubarmi nuovamente l’attenzione ci aveva pensato il palazzo imperiale. La Hofburg era la residenza ufficiale del governatore del Tirolo a Innsbruck, divenuta successivamente la residenza estiva della famiglia imperiale austriaca. Le origini risalgono a Massimiliano I imperatore che sentì il bisogno di fortificare la città ma oggi come oggi lo stile è quello voluto dall’arciduchessa Maria Teresa d’Austria, intorno al 1750, ossia il rococò.
Visto il castello siamo entrati con la nostra guida nelle mura, nel cuore di Innsbruck. Lo stile delle abitazioni è esattamente ciò che chiunque si aspetta quando pensa alla cultura tirolese. Abbiamo girato tutto il centro storico prima di ricevere del tempo di franchigia prima di andare in hotel per la cena.
A Innsbruck abbiamo avuto il primo impatto con una sensazione che ci ha seguiti durante tutto il soggiorno… la sensazione di povertà… Capiamoci, nessuno di noi se la passa male, per così dire, ma rispetto agli austriaci o ai tedeschi… diciamo che l’Italia sembra essere un po’ più indietro economicamente. La moneta è la medesima ma in Italia l’acqua la compri a 0,50€ di media e in Austria il prezzo medio è stato 3€… sembra una rapina ma essendo la moneta la stessa subito ci veniva da pensare che forse il costo della vita era si più alto ma a questo punto anche le retribuzioni erano e sono decisamente superiori alle nostre!
Una delle meraviglie però della città è il connubio tra lo storico e il moderno. Le case di legno del centro, tra i campanili e i musei si alternavano con interni di abitazioni all’avanguardia e negozi in stile moderno mentre il centro era attraversato da tram e pullman tanto silenziosi quanto tecnologici.
Ma… durante la franchigia io e Kelly abbiamo dato inizio ad una specie di rituale inviolabile di questo soggiorno. Abbiamo deciso che avremmo provato il gelato di ogni città che avremmo visitato e alla fine avremmo decretato il migliore. Siccome i tedeschi che avevamo incontrato fino ad allora ci avevano accolti molto bene, cercando di venirci incontro parlandoci in italiano con quelle poche parole che conoscevano, abbiamo deciso di provare ad ordinare il gelato in tedesco. E parlare male il tedesco aveva portato i suoi frutti o meglio… aveva portato i suoi gusti di gelato… tanto che io volevo prendere cioccolato e stracciatella e mi sono ritrovato crema e pistacchio nel cono, rendendomi conto che avrei dovuto ordinare in inglese.
Prima di concludere il primo giorno però avevo già portato a termine l’acquisto meglio riuscito della mia vita un cappello tirolese che mi avrebbe accompagnato durante tutto il viaggio. Piccola chicca sul cappello: pochi giorni fa, durante un torneo di calcio nel quale ho giocato come portiere, il cappello mi è servito per distrarre e concentrare gli attaccanti avversari durante i calci di rigore, grazie ai quali siamo arrivati in finale.
Ma torniamo all’Austria. L’hotel si trovava fuori da Innsbruck, su un altopiano ai piedi delle montagne. Ero in una camera doppia con Kelly, il mio storico e grande amico! Tutto sembrava andare bene ma un fatto minò la serenità, quasi come preludio per una serata complessa… nel bagno il bidet non c’era…
E a far precipitare la serata ci ha pensato la cena. Se talvolta avevo messo in dubbio le qualità della cucina italiana nei confronti del mondo, mi trovavo costretto a rimangiare tutto ciò che avevo detto a riguardo… Mi sarei rimangiato qualsiasi cosa al posto di quel composto chimico che avevamo nel piatto. Ma alla fine il cibo non si spreca e quindi con un po’ di sforzo abbiamo dato terminato la cena. Poi a risollevare la serata ci ha pensato una libera uscita serale che è terminata in un pub dall’aspetto molto tedesco. Las era stessa si giocava una partita di Bundesliga tra Herta Berlino e Arminia Bielefeld che mi ero messo a guardare rigorosamente in tedesco prima di andare a dormire. Guardare una partita di calcio tedesco in tedesco era una cosa che avrei sempre voluto fare e per qualche motivo la davano sulla televisione austriaca e dunque ne avevo approfittato. Ma con immensa tristezza lo 0-0 tra le due contendenti mi spinse ad addormentarmi in men che non si dica.

Il secondo giorno siamo partiti di buon mattino. Colazione abbondante e, grazie a Dio, non come la cena. La destinazione questa volta sarebbe stata oltre il confine, in Germania, più precisamente nel graziosissimo paese di Fussen. La cittadina si trova in Baviera, appena sotto le montagne. Abbiamo girato un po’ per il centro e abbiamo visitato il castello “Hohes Schloss”, una costruzione gotica arroccata su una piccola collinetta. Tutta la città è caratterizzata dalle sue tipiche case bavaresi. Le scacchiere della regione tedesca erano dovunque, in qualunque angolo. Per pranzo avevamo carta libera. Io, Kelly, Andrea e altri compagni siamo andati alla ricerca di un tipico locale con tipici hamburger tedeschi. Abbiamo girato un bel po’ ma alla fine l’abbiamo trovato. Sarà costato anche 14€ circa ma non avevo mai visto un panino così enorme e soprattutto così tipicamente tedesco.
E dopo il panino, io e Kelly siamo andati a svolgere l’inviolabile rituale del gelato. A Fussen devo dire era buono… ed ero riuscito ad ordinarlo bene, insomma, i gusti erano quelli che avevo chiesto… ma il cono era diventato una coppetta. Va però detto che per quanto buono non poteva battere quello di Innsbruck.
Oramai con qualche chilo di troppo nello stomaco ci siamo lanciati nella sfida del giorno… la salite fino al castello di Neuschwanstein, il cui nome mi ha richiesto un paio di settimane prima di ricordarlo.  Il castello nacque nel XIX secolo per volere di Ludovico II di Baviera, come casa per sonale e come omaggio al musicista Richard Wagner.
È situato in cima ad un rilievo ai piedi delle alpi, affacciato sulla pianura bavarese, regalando uno spettacolo straordinario.
Ma il problema era diventato palese. La salita non era lunghissima e neppure troppo ripida ma richiedeva un po’ di costanza nella camminata, complicata dal sempre più inaspettato caldo. Ma proprio durante la salita ci siamo resi conto che forse il panino preso poco prima assieme al gelato non era stata una grande idea. Ma alla fine ci siamo immergersi nella meraviglia della natura. Dopo una quarantina di minuti, tra le fronde, sono sbucate fuori le altissime guglie del castello. Visto da lontano sembrava enorme ma arrivati sotto ci siamo accorti che semplicemente era gigantesco. Non tanto in larghezza, quanto per lo slancio verso l’alto. Dopo un’oretta di coda siamo entrati. Dentro il castello sembrava un grande e lussurioso magazzino, strapieno di qualunque cosa. Fin troppo credo, tanto che non ostante la gigantesca mole di Neuschwanstein, gli interni erano quasi caustici.
Eppure, la vista che si poteva godere da quei balconi era impagabile e chiaramente non ho potuto resistere dal fare una foto con il mio cappello tirolese su uno di quei balconi… e ripeto… i 10€ meglio spesi della mia vita.
Ma a Neuschwanstein, o più precisamente, nel chiosco ai piedi del castello, ho scoperto una delle cose che ora odio di più della Germania. Da piccolo sono cresciuto con i gelati della ‘Algida’, ormai simbolo delle estati italiane ma in Germania, per qualche motivo, l’azienda c’è si, ma con un differente nome, ossia ‘Lagnese’.
Un po’ ferito nei sentimenti sono sceso con la classe vero il pullman per tornare verso Innsbruck. Tra la salita e la discesa avevo trovato più complesso scendere, questo a causa del ginocchio. In effetti non andavo in montagna da due anni a causa di un menisco rotto e di una prima operazione fallita, ma non ostante tutto, benché con un po’ di fatica, reggeva bene la gamba.
Ma a spezzare il morale ci pensò poi la cena in hotel che… posso anche dimenticare per andare direttamente al terzo giorno.

Sveglia la mattina presto, colazione e pullman. Direzione Salisburgo, il borgo del sale.
La storia di Salisburgo è strettamente legata al fiume che attraversa la città, il Salzach, ossia la via del sale. Non è detto che questa mia traduzione sia esattissima ma il significato è circa quello. Si perché la città nasce come approdo per le navi che raggiungevano le miniere di sale. Il fiume faceva da collegamento con il Mar Nero, essendo affluente del fiume Inn, a sua vola affluente del Danubio. Il sale veniva immagazzinato a Salisburgo e da lì distribuito tramite i fiumi in gran parte dell’Europa.
Ma torniamo al viaggio. La prima che ha suscitato in noi interesse è stata… la RedBull Arena del RedBull Salisburgo… come italiani medi insomma.
Entrati in città a dire la verità sembrava di stare in Turchia data la presenza di un kebab ogni due vetrine circa. Ma alla fine, terminate le case popolari, ci siamo immersi nel centro della città. Impressiona sicuramente il Castello di Mirabell, costruito per volere del Vescovo della città. All’epoca era fuori dalle mura cittadine e serviva ad ospitare l’amante del prelato con i suoi figli. Ciò che ci ha colpito, oltre al caldo, un mantra di questo viaggio, erano i giardini. Curati magnificamente e pieni di fiori con anche un magnifico pergolato per ospitare delle viti.  Appena fuori dai giardini, aperti al pubblico, ci siamo trovati davanti la casa di Mozart. Non siamo riusciti a visitarla quindi poco si può dire ma va aggiunto che nello stesso isolato è stato scoperto l’effetto Doppler. Il primo incontro con il Salzach lo abbiamo avuto sul ponte pedonale Marko-Feingold-Steg. Magari dalle immagini non sembra ma è davvero largo come fiume ed è facile capire come mai era stato scelto come via primaria per il sale, l’oro dell’epoca.
Appena scesi dal ponte abbiamo attraversato il ghetto ebraico e appena fuori siamo entrati nel cuore della città: Getreidegasse. Sulla via i negozi si affacciano i negozi delle più grandi firme e le catene più prestigiose, ma ciò che forse risulta più spettacolare è il fatto che le insegne dei negozi erano ancora le insegne d’epoca. Verso la montagna che protegge le spalle di Salisburgo c’è una magnifica università di teologia. La guida del posto ci ha accompagnati proprio lì, nel cortile universitario. Ma forse quello che mi ha colpito di più è la chiesa dell’università, Kollegienkirche. Si trova affacciata alla University Platz, davanti ai giardini universitari ed è nota per i suoi interni bianchi in stile barocco. Mi ha lasciato impressionato è l’opera ‘Gloria’, una raffigurazione meravigliosa di angeli e nuvole in altorilievo.
Ma quanto di più impressionante abbiamo trovato nella città, dal pinto di vista architettonico è la mole impressionante del Bom zu Salzburg, ossia il duomo di Salisburgo… ovviamente in parte in restaurazione… Basti pensare che la chiesa è talmente grande che può ospitare fino a 10.00 fedeli in un colpo solo.

Il duomo è forse la miglior rappresentazione di una delle caratteristiche più evidenti della città, la sua grandezza. O meglio, la grandezza degli edifici. Da l’idea di una ricca città, arricchita forse dal sale, che ha come sfoggio di questo suo arricchimento la possenza degli edifici che a ben vedere sono davvero enormi.
Visto il duomo abbiamo avuto il tempo per il pranzo e posso garantire cha anche a Salisburgo abbiamo mangiato meravigliosamente a pranzo, solo a pranzo, come sempre. Il gelato chiaramente non poteva mancare. Spettacolare ma mancava ancora quel qualcosa in più per raggiungere Innsbruck. Però… nota di merito, per una volta ho mangiato ciò che ho ordinato. Prima di ricongiungerci ci siamo seduti nei giardini universitari per rilassarci e fare un gioco sulla reattività che Kelly ci ha insegnato e nel quale… ci ha massacrati… poi ci siamo riuniti alla classe per la tappa migliore del giorno: il borgo alto di Salisburgo.
Per salire abbiamo utilizzato… non so come definirla… vorrei dire una tramvia o una funicolare o un’ovovia ma… era un insieme di tutto questo. Fatto sta che la salita ci ha regalato un panorama meraviglioso della città. Questa fortezza/borgo si trova sulla montagna a sud ovest di Salisburgo, arroccata e fortificata a guardia della città.
Abbiamo fatto il giro delle sale ma la sua peculiarità era ed è il cortile. Sì, perché ci sono enormi sale, stanze per il vescovo e i nobili della città si ma il cortile non serviva ad accogliere le persone durante gli attacchi nemici. Serviva a salvare il sale per evitare che venisse rubato dagli assalitori. Comunque, alla fine della visita alcuni di noi, i più spavaldi, hanno seguito il professor Miolano, nostro coordinatore scolastico, nella discesa a piedi dal castello. Per scendere abbiamo attraversato un ponte levatoio, ora mai fissato a terra. Dopo il ponte la discesa si è fatta bella ripida. Kelly, che era affianco a me, ha deciso di fare un piccolo scattino per portarsi davanti a tutti ma… non avendo calcolato bene la pendenza ha iniziato un’inesorabile discesa incontrollata verso fondo rampa… Benché avremmo voluto aiutarlo… eravamo tutti paralizzati a sperare che semplicemente non si facesse male. Non sappiamo bene come ma è sopravvissuto senza nemmeno un graffio… e a pensarci ora… credo sia stata la corsa che più si avvicina al concetto del volo.

Ma fatta questa parentesi possiamo dire che la giornata è giunta così al termine. O meglio… quasi. La sera ci avrebbe regalato ancora tante sorprese a partire dall’arrivo al nuovo hotel. Questa volta la camerata era grande e in stanza ero con Andrea, Kelly, Alessandro Lee e Caldaresi Emanuele. La prima sorpresa della stanza erano le finestre poiché bloccate e si può facilmente immaginare che dopo tre giorni di cammino l’odore di vissuto accumulatosi nelle scarpe si era fatto intenso. A scopo di sopravvivenza la sera stessa, prima di cena ho chiesto ai professori di poter scendere al supermercato che avevamo visto davanti all’hotel per prendere uno spray per ambienti. Ottenuto il consenso sono sceso e uscito. Arrivato però al supermercato ho subito notato un problema… non trovavo l’ingresso… Dopo aver girato come un pazzo tra parcheggi sotterranei e sopraelevati, porte, corridoi e tanto altro ma soprattutto dopo essermi ritrovato sul tetto del supermercato… mi sono arreso all’idea di attivare i dati mobili e usare un navigatore.
Compiuta la missione più ardua del previsto e salvato me stesso e i miei compagni dal puzzo della camera siamo fieramente scesi per una meritata cena. Innanzi tutto, la cena era stile “self service” e dunque dopo due cene consecutive andate malissimo l’idea di poter scegliere cosa mangiare ci era parsa magnifica. Adocchiato così un bel risotto al latte molti del mio tavolo si sono lanciati con convinzione verso la pentola, facendo un gran rifornimento. A prima occhiata in effetti il riso sembrava cotto un po’ troppo ma niente di più. Insomma, nessun problema. Abbiamo aspettato che tutti arrivassero al tavolo e poi tutti insieme abbiamo iniziato a mangiare. Ed ecco la sorpresa… il trauma…. Tutto poteva sembrare tranne che riso al gusto. Mi sono soffermato così tanto perché penso sia semplicemente la peggior cosa che io abbia mai mangiato, che mi ha anche spinto a temere il riso cucinato all’estero… sempre che quel pastone fosse riso… Ma alla fine il resto della cena non era male, anzi… Dopo cena, con i professori, chi voleva, ha avuto la possibilità di andare a vedere Salisburgo di notte. Semplicemente stupenda.
Finito anche questo giro siamo tutti quanti crollati sul letto appena finita la doccia e di fatti… l’’ultimo ricordo che ho di quella sera sono io che indosso il pigiama.

Ultimo giorno di questo viaggio! Un po’ tristemente siamo saliti sul pullman ma il viaggio non era finito. Infatti, era prevista ancora una tappa a Verona, unica tappa italiana.
Solito mantra: Faceva caldo! Ma questo non era un caldo qualunque… questo era caldo, ma caldo davvero! Cioè, c’era un’umidità devastante!
Però Verona è stupenda! Entrati dentro le mura siamo stati accolti dall’Arena di Verona, in allestimento per un concerto, probabilmente. Ma essendo ora di pranzo quando siamo arrivati abbiamo cercato un posto dove mangiare. Essendo che volevamo fare un giro per il centro, siamo andati al McDonald’s per fare una cosa rapida, anche perché i soldi rimasti non erano molti. Ma abbastanza per prendere ancora un gelato! E forse da punto di vista estetico ha vinto quello di Verona. Ce l’hanno servito come una rosa, nel senso che gli strati erano posizionati come fossero i petali! Eppure, dopo aver provato anche l’ultimo abbiamo decretato il miglior gelato di tutti. Anche se non per aspetto ma il migliore era sicuramente stato quello di Innsbruck.
Comunque… Verona è una città bellissima, e i turisti, benché in settimana, erano tantissimi!

Abbiamo visitato La Piazza delle Erbe, il Palazzo dei Signori con Torre Lamberti. Ci siamo soffermati un po’ a casa di Giulietta, dove molti di noi hanno preso parte alla tradizione che non so quando è nata, né perché ma che va avanti da anni. Terminato il giro siamo ripartiti per Torino.
Che conclusioni tirare da questo viaggio? Be’, innanzi tutto abbiamo visitato dei luoghi ce non avevo mai visitato ma non è questo che ha reso bello quel viaggio, che lo ha reso speciale, bensì il fatto che ha riunito molto la classe, specialmente dopo due anni di pandemia. Un’esperienza formativa, divertente, che ha aiutato a conoscerci un po’ di più, o meglio dire che ci ha legati maggiormente.

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