Il tirocinio alla scuola primaria dell’Istituto Maria Ausiliatrice

Durante quest’ultimo anno scolastico la professoressa Calabrese ha creato un’occasione molto formativa per il nostro possibile futuro lavorativo: abbiamo  svolto un affiancamento professionale dell’insegnante e dei bambini nella scuola primaria del nostro istituto (Maria Ausiliatrice). 

Da settembre la professoressa ha cominciato a formare la nostra classe (5A Scienze Umane) con delle nozioni di pedagogia moderna. 

Abbiamo cominciato parlando di chi è la figura del pedagogista ovvero un terapista dell’età evolutiva che si occupa di riabilitare, sviluppare e potenziare le aree in cui il bambino ha manifestato delle difficoltà. 

Successivamente abbiamo definito le diverse funzioni esecutive delle diverse aree ovvero l’area cognitiva, l’area psicomotoria, l’area emotiva, l’area sensoriale e l’area del linguaggio. 

Abbiamo inoltre parlato di diverse difficoltà come l’autismo, la differenza tra DSA (disturbi specifici dell’apprendimento) e BES (bisogni educativi speciali), l’ADHD (iperattività). 

Come classe inoltre abbiamo approfondito nel modulo di educazione civica la disabilità nella storia, quindi il contesto dei manicomi, le leggi in sostegno delle persone con disabilità come la legge 104. 

Il tirocinio è cominciato il 23 gennaio e abbiamo fatto 2 ore per cinque volte (ogni lunedì). 

Durante la prima volta è stato molto sconvolgente per me vedere così tanti bambini con difficoltà, sia certificate da un PDP (piano didattico personalizzato) o un PEI (piano educativo individualizzato) sia non certificate. Nella prima parte della lezione non sapevo bene come approcciare con i bambini. Ero ferma a prendere appunti, poi però ho compreso anche grazie alle mie compagne di tirocinio che c’era bisogno di aiuto pratico e concreto e quindi ho posato il mio taccuino e ho cominciato a stare più vicina ai bambini, dando loro una mano a svolgere gli esercizi. Ho adottato un approccio sereno, gentile e disponibile, osservavo se c’era bisogno di aiuto, a volte anche senza attendere una richiesta esplicita. Ho aiutato a tenere in mano il righello per disegnare correttamente le figure geometriche. Suggerivo di temperare le matite per disegnare meglio, spiegavo con termini semplici come svolgere l’esercizio, controllavo se fosse svolto in maniera corretta e se non lo era facevo ragionare il bambino partendo da ciò che l’insegnante aveva spiegato in modo tale che l’esercizio fosse corretto. Sento di essere stata utile in questa prima lezione e ho creato già una relazione con bambini tanto che quando mi vedono sorridono e mi salutano. 

Durante il secondo incontro ho avuto un’incomprensione che si è trasformata in un’opportunità. Di bambini con difficoltà più gravi ce n’erano due e non tre, però ho avuto modo di osservare che oltre a Sibilla (bambina certificata con la sindrome di Down) e Davide (bambino non certificato con possibile ADHD e autistico) c’erano anche altri bambini con difficoltà meno visibili dopo la prima osservazione. Ad esempio mi sono relazionata con una bambina di nome Grace nella prima ora per aiutarla a contare e nella seconda per farle fare una verifica. 

Nel calcolo la bambina presenta incapacità nel visualizzare i numeri, ad esempio se le dici un numero tipo il 6 (come le ho detto io) lei non riesce a capire quanti oggetti, forme, dita della mano siano. 

Per aiutarla le ho messo le mie mani di fronte e le ho fatto vedere il numero 6 sulle dita; a quel punto lei ha capito. 

Nella seconda parte dell’orario è stata svolta dalla classe una verifica di religione. 

Grace durante la verifica non  riusciva a mettere vero o falso nella stessa riga della domanda, la metteva nella riga sotto. In questo caso le ho messo un righello sotto ogni domanda e a quel punto riusciva a inserire. Oppure non metteva la crocetta nello spazio che aveva pensato e detto a me, come se fosse indecisa o che se lo dimenticasse ciò che aveva detto 5-10 secondi prima. In questo caso l’aiutavo a prendere la decisione a mantenere il ricordo di essa. 

La terza abbiamo fatto un laboratorio sensoriale in cui i bambini facevano la pasta di sale: abbiamo portato il materiale occorrente ovvero farina, acqua e sale e abbiamo chiesto un contributo da parte dei bambini portando delle ciotoline per travasare e mischiare le diverse componenti. La risposta dei bambini è stata accogliente e gioiosa verso questa attività. 

Durante questa mi sono sostituita alla mia compagna di tirocinio Federica Manzon e sono stata vicina a Sibilla. La bambina inizialmente, rispondeva alle istruzioni con curiosità e spirito di iniziativa, prendeva in mano correttamente le varie ciotole con acqua, farina e sale. Nel momento del mischiare gli elementi insieme non riusciva molto a capire come fare e si puliva su di me. In generale cercava molto il contatto fisico anche durante il resto dell’attività: io ho usato questa sua felicità negli abbracci per farla concentrare di più nell’attività, come un rinforzo positivo. Man mano che l’attività proseguiva Sibilla si stancava e i suoi movimenti erano sempre più rallentati. La conclusione dell’attività in cui abbiamo scritto una parola con la pasta di sale è stata più difficoltosa perché sibilla era stanca e non rispondeva lucidamente alle istruzioni. A quel punto ho deciso di lasciarle fare come preferiva le letterine. 

La quarta volta abbiamo di nuovo osservato la classe. Durante la prima ora mi sono occupata di Sibilla e nella restante mezz’ora ho guardato e aiutato a turno altri bambini. Nella prima ora c’era la lezione di matematica e Sibilla aveva delle difficoltà di diversa entità. Non riusciva a scrivere dal lato giusto numeri come il 3, il 6 e il 9. Oppure non riusciva a contare in ordine, saltava i numeri mentre faceva le somme. 

A questo punto ho chiesto aiuto all’insegnante di sostegno e lei ha portato una scala di numeri con dei tasselli da alzare e abbassare dopo aver contato. Con questo strumento compensativo Sibilla inizialmente riusciva a fare le somme correttamente. Dopo una decina di minuti ha cominciato a stancarsi e a sbagliare o saltare i numeri mentre contava. 

A un certo punto Sibilla si è appoggiata allo schienale della sedia e si è fermata nello svolgimento dell’esercizio per qualche minuto. L’ insegnante di sostegno Marta ha preso una clessidra di due minuti e le ha detto per farla continuare che aveva quel tempo per svolgere l’esercizio. 

Durante la restante parte dell’orario Federica Manzon è stata accanto a Sibilla e io mi sono occupata del resto della classe. 

L’ultima volta abbiamo proposto alla classe un laboratorio sensoriale con la frutta di stagione, in particolare con l’arancia e la banana.

I bambini erano divisi in due gruppi e abbiamo fatto percepire loro l’arancia con i cinque sensi e nelle sue differenti parti come la buccia esterna e interna, gli spicchi e gli spicchi tagliati. 

I bambini erano molto incuriositi e partecipi all’attività proposta. Qualcuno era meno partecipe per via di un carattere più timido.

La parte dell’attività che è piaciuta di più è stata quella in cui potevano assaggiare l’arancia e dopo anche la banana e che cosa mangiano di solito insieme all’alimento, ad esempio con la banana mangiano i mirtilli oppure con l’arancia fanno la spremuta. 

Infine abbiamo salutato i bambini dicendo loro che sarebbe stata l’ultima volta in cui andavamo nella loro classe. Mi ha provocato malinconia salutarli e anche loro erano un po’ tristi. 

Penso si sia creata una buona relazione con i bambini e anche con l’insegnante Luisella. Quest’ultima era sempre di supporto nelle nostre attività, faceva mantenere da parte della classe un clima sereno e l’ho molto apprezzato. 

Questa esperienza mi ha fatto capire quanto il lavoro dell’insegnante sia molto sottovalutato nella nostra società: hanno grande responsabilità nella crescita dei fanciulli e all’ausilio di altrettanti loro con delle difficoltà più o meno visibili. 

E’ un lavoro che richiede molta empatia verso le altre persone, molta disponibilità nel mettersi a disposizione dei bambini. 

Ci vuole anche molta pazienza e apertura mentale nel cambiare metodo di spiegazione verso i singoli alunni, o nel ripetere in maniera differente in modo tale che l’argomento venga compreso al meglio. 

Il lavoro dell’insegnante alla scuola primaria rimarrà un sogno nel cassetto e una seconda opzione se i miei piani futuri non dovessero andare a buon fine, perché essere un punto di riferimento per i bambini e crescerli e segnare la loro vita in maniera significativa mi piacerebbe molto, lo troverei un lavoro soddisfacente, un buon motivo per alzarsi la mattina contenta di cominciare la giornata.

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